Celiachia: una malattia ancora sottovalutata
In Italia, la celiachia è una realtà che riguarda oltre 265.000 persone, ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto. Secondo le stime, più di 600.000 individui convivono con questa malattia autoimmune senza esserne consapevoli, a causa di diagnosi mancate o ritardate. La difficoltà nell’identificazione dei casi è aggravata non solo dalla complessità della patologia, ma anche da un diffuso clima di disinformazione.
Contrariamente a quanto spesso si crede, la celiachia non è una moda o una semplice intolleranza. Si tratta di una condizione cronica in cui il glutine scatena una reazione immunitaria che danneggia l’intestino tenue. Purtroppo, la crescente diffusione della dieta “gluten free” tra persone non celiache ha contribuito ad alimentare confusione. Le convinzioni errate sulla celiachia – come l’idea che sia temporanea, che possa essere “curata”, o che la dieta senza glutine sia dimagrante – sono ancora molto diffuse, e ostacolano la comprensione dei rischi reali.
Un altro aspetto critico è il ritardo diagnostico. Molti pazienti arrivano alla diagnosi dopo anni di disturbi vaghi o atipici, a volte peggiorati da comportamenti alimentari scorretti che possono alterare i risultati degli esami e rendere più difficile il riconoscimento della patologia.
Il ruolo centrale della ricerca e dell’informazione
Per affrontare in modo efficace la celiachia è fondamentale investire nella ricerca scientifica, aggiornare le linee guida cliniche e promuovere una corretta informazione. Solo una maggiore consapevolezza collettiva può contribuire a ridurre il numero di casi non diagnosticati, migliorare la qualità dell’assistenza e garantire pari opportunità di cura a tutti i pazienti.
In questo percorso, strumenti come il Prontuario degli alimenti, il marchio “Spiga Barrata” e le iniziative di sensibilizzazione promosse dall’Associazione Italiana Celiachia (AIC) svolgono un ruolo essenziale. Tuttavia, è l’integrazione tra ricerca scientifica e comunicazione basata su evidenze a rappresentare la vera chiave per un cambiamento duraturo.
Fonte: Il Sole 24ore