Il 2024 si è chiuso con un bilancio complesso per l’industria italiana delle plastiche biodegradabili e compostabili.
Secondo i dati diffusi da Assobioplastiche e Largo Consumo, lo studio curato da Plastic Consult fotografa un comparto composto da
278 aziende e circa 2.900 addetti, in calo del 2,2% rispetto al 2023.
Il contesto internazionale: inversione di tendenza
Il fatturato complessivo si è attestato a 704 milioni di euro, segnando una flessione del 15,4%,
in gran parte dovuta alla discesa dei listini lungo tutta la filiera. Sul fronte dei volumi, invece,
la produzione ha registrato un lieve incremento (+0,5%), toccando quota 121.500 tonnellate.
La distribuzione geografica delle imprese conferma poli di eccellenza in Veneto, Emilia-Romagna, Campania, Lombardia e Umbria,
con Veneto ed Emilia-Romagna in testa per numero di addetti.
I comparti: male il monouso, crescono packaging alimentare e film agricoli
Il monouso resta l’anello debole, con una contrazione superiore al 10%, penalizzato dallo “pseudo-riutilizzabile”
e dall’arrivo di prodotti low cost dal Far East. In sofferenza anche i sacchetti per la raccolta dell’umido,
mentre mostrano segnali positivi i film agricoli, il packaging alimentare e gli ultraleggeri.
Dopo un decennio di crescita, il 2024 ha segnato una frenata anche a livello globale.
Secondo European Bioplastics, l’utilizzo della capacità produttiva è sceso dal 68% al 58%,
mentre gli investimenti sono stati molto inferiori alle attese, con una capacità complessiva ferma a
2 milioni di tonnellate contro i 2,6 previsti.
Le prospettive
Il presidente di Assobioplastiche, Luca Bianconi, parla di un quadro “in chiaroscuro”.
Per il 2025 si prevede stagnazione, complice la diffusione dei sacchetti illegali (stimati al 27% del mercato)
e la concorrenza sleale dallo pseudo-riutilizzabile.
Un possibile cambio di passo potrà arrivare dal Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR) europeo,
che valorizza i materiali compostabili, ma i suoi effetti concreti saranno visibili solo nel medio periodo.

